«Scrivo di Stresa. Il perché è molto semplice. Basta guardare le foto. È bellissima. Ho cominciato ad innamorarmi di Stresa da piccolo. Verso al fine degli anni ’70. Abitavo in un piccolo paese di 80 anime Nibbio, una frazione nel Comune di Mergozzo, a circa quindici km. Spesso mio padre, la domenica pomeriggio, caricava tutta la famiglia, sulla Fiat 127 special bianca e ci portava a mangiare il gelato a Stresa.
Ricordo che capitava o in primavera o in autunno. Io indossavo, come ogni domenica per andare a messa, la dolcevita, anch’essa bianca sotto una giacca di colore beige. Non ho una sola foto, dall’asilo fino alla quinta elementare, dove non indosso quella maledetta dolcevita bianca e nella quale io non stia tirando il collo, verso l’alto, a causa del prurito. Oggi probabilmente interverrebbe il telefono azzurro. Ricordo le lunghe ed interminabili code per arrivare da Baveno a Stresa. Le difficoltà a trovare parcheggio. Poi finalmente, con il gelato, passeggiavamo chiacchierando sul lungolago. Da una parte il lago con battelli, già carichi di turisti, diretti alle Isole, dall’altra i grandi Alberghi. Ricordo le radioline in mano ai padri per ascoltare i risultati delle partite minuto per minuto mentre le madri spingevano le carrozzine ed i passeggini. Per me era una esperienza straordinaria. Mi aggiravo affascinato da quel caotico mondo. Il lungolago, i vicoli, le stradine che si snodavano verso la piazzetta interna, brulicavano di turisti stranieri. Tedeschi, Inglesi, Francesi a volte anche Giapponesi od Orientali che onestamente non distinguevo uno dall’altro. Ricordo delle automobili bellissime enormi posteggiate davanti agli alberghi, alcune con la guida a destra.
Ricordo i pittori. Con i loro cavalletti, i colori sparsi sulle tavolozze a dipingere ad ogni angolo. Ricordo alcune mostre di quadri nei giardini o all’interno di gallerie. I quartetti di archi che suonavano musica classica, sul prato inglese, davanti al Grand Hotel Des Iles Borromees. Fu in quell’atmosfera, così diversa dall’ambiente dove stavo crescendo, nella quale compresi per la prima volta le dimensioni infinite del mondo. Ecco per me Stresa è stata una sorta di porta d’ingresso del mondo. Non potevo, in cuor mio, non ambientare se non in questa piccola città i miei Romanzi. Questa sorta di introduzione all’infinito del mondo è in qualche modo è un debito che mi sembra giusto dover ripagare.
Spero, almeno in parte, di esserci riuscito».