La notte del 14 aprile 1945 il partigiano ornavassese Edmondo Rossi veniva fucilato sul ponte del San Carlo, proprio ad Ornavasso.
Il “Mondo” fu uno dei primi giovani ossolani a rifugiarsi sulle montagne circostanti, decidendo di ribellarsi ai fascisti ed ai nazisti e fondando il “Gruppo Patrioti Ossola”, poi divisione Valtoce.
Fu uno degli assoluti protagonisti dell’assalto al treno del 10 luglio del 1944 (episodio narrato nel romanzo “Il Partigiano Mondo”), che costò la vita a Paolo Stefanoni, avvenuto alla stazione di Candoglia, durante il quale furono liberati soldati cecoslovacchi e un gran numero di armi furono sottratte alle forze dell’Asse.
Prese parte a tutte le azioni di quella divisione fino al 18 novembre del 1944, quando gran parte dei partigiani che avevano partecipato alla liberazione dell’Ossola e al successivo esperimento della Repubblica dell’Ossola furono costretti a scappare ed espatriare in Svizzera.
Il “Mondo” non fuggì dall’Italia, ma tornò ad Ornavasso grazie alla profonda conoscenza delle “sue” montagne e divenne comandante della brigata “Antonio di Dio” che contava 158 uomini.
Fu catturato il 12 aprile, mentre aiutava il suo compagno Alfredo Rini, ferito nei giorni precedenti, a scappare da un’imboscata della brigata nera Ravenna.
Dopo diverse trattative, sulle quali esistono diverse teorie più o meno oscure, nelle quali si contrattò uno scambio di prigionieri, venne rilasciato solo il Rini.
Il suo nome è uno dei più noti tra i giovani ossolani che sacrificarono la loro vita per la libertà, combattendo contro il regime fascista e nazista, rifiutandosi di piegarsi al totalitarismo e all’obbedienza.
Il volantino su carta azzurra della “Valtoce” annuncia la morte di “Mondo”, avvenuta a notte fonda il 14 aprile. Le parole di lutto furono scritte dal redattore di “Valtoce” al suo rientro dalla Svizzera. Egli, però, non conobbe mai di persona la mamma di “Mondo”, che andò con il marito a prendere la salma all’alba del 15 aprile per ricomporla e per portarla al cimitero senza nessun cordoglio: la dittatura fascista aveva imposto il divieto di funerali pubblici.
Edmondo morì al grido “La vita per l’Italia”, dopo aver combattuto per donarci la libertà che oggi diamo così tanto per scontata. Il nostro compito è quello di non dimenticarci di “Mondo” e dei suoi compagni e tenere viva la loro memoria. Solo sapendo da dove veniamo, ci è possibile capire che strada prendere nel futuro.