ACRONIMO O ASSONANZA?
Sulla storia dell’OVRA i dubbi e le parti oscure incombono ancora con insistenza, nemmeno l’origine del nome ci è chiara e forse non lo sarà mai.
La sua denominazione non venne spiegata, solitamente viene considerata come una sigla soggetta a varie interpretazioni: «Opera Volontaria per la Repressione dell’Antifascismo», «Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo», «Organo di Vigilanza dei Reati Antistatali».
Luigi Salvatorelli, giornalista antifascista, ricorda, al primo annuncio della sua creazione, la seguente spiegazione: «Opera Volontaria di Repressione Antifascista, in cui sarebbe rimarcato il carattere volontario, delatorio, dando ad intendere agli antifascisti il rischio di imbattersi in volontari agenti fascisti in “borghese”».
Si osserva anche che l’acronimo o il nome presenta assonanza con “piovra”. Guido Leto, uno degli uomini chiave del ministero dell’Interno durante il periodo fascista, rivelò nel suo libro Ovra (Cappelli, 1951, pagina 52), che OVRA non corrispondeva a nessuna sigla. Fu Benito Mussolini a coniare la parola come derivazione da “piovra” per indicare una Polizia tentacolare che doveva tenere sotto controllo tutto il paese. Mussolini era convinto che il nome misterioso di OVRA «…avrebbe destato curiosità, timore, senso di inafferrabile sorveglianza e d’onnipotenza».
COSTITUZIONE
Nei primi anni ’20, Mussolini affida i compiti di repressione degli antifascisti alla CEKA, un’organizzazione nata ispirandosi alla polizia segreta bolscevica operante in Unione Sovietica.
Dopo i primi anni, però, questa struttura si rilevò inadeguata e diventò troppo rumorosa, poiché non costituita da professionisti addestrati, ma da militanti, essi furono i responsabili dell’omicidio Matteotti nel 1924.
Da questo scandalo partì un terremoto all’interno del partito fascista, per mantenere pulita la figura di Mussolini molti esponenti vicini al Duce furono arrestati, espulsi, confinati e divennero il capro espiatorio, molti di essi furono, poi, tra i più importanti avversari politici combattuti dallo spionaggio dell’OVRA.
Proprio a seguito della bufera scatenata dal delitto, il Duce decise di affidare l’opera repressiva alla polizia, istituendo un’organizzazione che faceva riferimento direttamente ai vertici del partito.
A capo della polizia di Stato venne posto Arturo Bocchini che, per primo, creò una rete di contatti personali all’interno alla gerarchia fascista.
Mussolini proprio in questo periodo, parlando della Polizia, disse: “Signori: è tempo di dire che la polizia non va soltanto rispettata, ma onorata, Signori: è tempo di dire che l’uomo, prima di sentire il bisogno della cultura, ha sentito il bisogno dell’ordine: In un certo senso si può dire che il poliziotto ha preceduto nella storia il professore. (…) Io devo assumermi il compito di governare la nazione italiana ancora da 10 a 15 anni. È necessario. Non è ancora nato il mio successore”
In questo modo il Duce promuove la polizia ad un ruolo ben più importante di quello che aveva precedentemente.
Nel 1927 nasce la prima cellula dell’OVRA: l’ispettorato di Francesco Nudi, che resterà al comando di quasi tutta l’Italia settentrionale (la parte più attiva nell’ambito antifascista).
Il secondo ispettorato venne fondato un anno più tardi, nel 1928, a Bologna, con a capo Giuseppe D’Andrea.
SVILUPPO
Dal 1930 OVRA viene istituzionalizzata e divisa in 11 zone in modo capillare lungo tutta la Penisola.
L’attività investigativa e repressiva degli agenti dell’Ovra sul territorio era tenuta segreta anche alle questure, che venivano a conoscenza dell’azione dell’OVRA solo quando si passava alla fase esecutiva dell’operazione, con arresti e fermi di antifascisti. Non ne venne mai ufficializzata la nascita e proprio quest’alone di mistero che l’avvolgeva, rese la sua azione temuta quanto efficace; in Italia regnava infatti un’atmosfera di cautela, ad esempio nell’espressione di giudizi sul fascismo, poiché si diceva che le orecchie dell’OVRA arrivassero ovunque.
L’apparente onnipotenza di questa organizzazione fu, forse, uno dei maggiori deterrenti contro l’antifascismo organizzato.
Per la sua efficienza, si dimostrò uno dei più efficaci strumenti per la ricerca e la repressione della dissidenza politica. Fu talmente invasiva che spiò persino Mussolini. Operò anche all’estero, infiltrando spie tra i fuoriusciti antifascisti, sicché quando un emissario antifascista veniva inviato clandestinamente in Italia non era raro il caso in cui la polizia fosse al corrente della sua identità e degli obiettivi della sua missione ancora prima ch’egli si muovesse. Fu impiegata anche in azioni clandestine contro antifascisti nella guerra civile spagnola.
Con l’avanzamento degli anni e il consolidamento del potere di Mussolini, le organizzazioni antifasciste e i partiti avversari erano stati del tutto annichiliti, proprio per questo le strategie e gli obiettivi dell’OVRA presero un’altra direzione: il controllo diretto della società.
Questo compito può essere paragonato alle azioni della Gestapo in Germania e del KGB in Unione Sovietica.
Si passò quindi dalla battaglia all’antifascismo, alla discriminazione e all’isolamento delle minoranze, venne messa in atto, infatti, una dura repressione contro i non cristiani, per esempio i testimoni di Geova e, soprattutto, gli ebrei.
La campagna antisemita fu sostenuta ed intensificata negli anni fino ad arrivare alla emanazione delle leggi raziali del 1936.
GUERRA E CADUTA
Lo scoppio della guerra portò, forzatamente, un altro mutamento, molti componenti dell’OVRA passarono alle armi, altri furono costretti a terminare il servizio.
Il comando passò a Guido Leto, con Carmine Senise a capo della polizia ufficiale.
L’avanzare sfavorevole della guerra portò l’opinione pubblica a diventare sempre meno favorevole nei confronti di Mussolini. Dal 1941, il PCI, inizialmente da Parigi, cominciò a muoversi nell’ombra con l’intento di riportare la sede del partito in Italia: in poco più di un anno l’antifascismo organizzato era di nuovo un fenomeno popolare e pericoloso per il partito.
L’OVRA cominciò una spietata caccia al “gerarca corrotto”, ma l’azione del servizio segreto divenne sempre meno efficiente al crescere delle difficoltà dell’Asse in ambito di guerra, con le prospettive di dominio fascista negli anni a seguire che diminuivano, i vantaggi che derivavano dal tradire i compagni e dall’entrare a far parte della rete del regime erano sempre meno.
Perfino i vertici della polizia si apprestarono a cambiare schieramento: Senise cominciò ad occuparsi sempre meno di repressione antifascista e si concentrò su un possibile passaggio di poteri. Egli fu uno dei congiurati che durante il Gran Consiglio del Fascismo votò a favore della destituzione di Mussolini.
EPILOGO
Duranti l’anno e mezzo che separa l’armistizio dalla fine della guerra l’OVRA visse un drastico declino, si sciolse, infatti, a seguito della caduta del Duce, ma fu rifondata durante la Repubblica di Salò.
Durante l’esodo dei funzionari fascisti da Roma al Nord Italia molti documenti e dati sensibili vennero violati.
Guido Leto, che aveva seguito il Duce anche quando oramai era un “fantoccio” nelle mani di Hitler, verso il crepuscolo del 1944 cominciò ad intrattenere relazioni con gli Alleati.
Nel 1945, a guerra conclusa, fu arrestato, interrogato privatamente più volte e infine prosciolto in aula nel 1946 poiché fu dimostrato che egli aveva recuperato diversi documenti sensibili fornendogli alle alleati, aiutato a nascondere alcuni prigionieri, tra cui alcuni ebrei, recuperando anche dell’oro di questi ultimi che era stato sequestrato dai tedeschi.
Gli Alleati erano in possesso di molti nomi collegati ai servizi segreti fascisti e l’opinione pubblica spingeva perché fossero dati in pasto al popolo. Questo non fu fatto subito, solo nel 1946, dopo il referendum che trasformò l’Italia in una repubblica, la prima lista di personaggi legati all’OVRA fu resa pubblica.
Molte volte furono compiuti tagli e aggiunte, fino ad arrivare ad un numero definitivo di 622 nomi.
L’epurazione, però, non fu severa, molti esponenti del partito, in particolare della polizia fascista, furono reintegrati nel dopoguerra all’interno delle istituzioni repubblicane.